Un ricordo di Papa Francesco.

“Contate su di me”, lo scrisse davvero e di suo pugno. Lo scrisse negli anni in cui, per paura di incontrare naufraghi, nemmeno le navi mercantili attraversavano quel tratto di mare in cui dopo le piattaforme petrolifere c’è il nulla e i gommoni iniziano a sgonfiarsi, sversare carburante, i bambini a piangere e gli adulti a pregare. Erano gli anni in cui disobbedire voleva dire salvare, e disobbedire non si pagava solo con giorni roventi e immobili a pochi metri da una costa, ma anche con il fermo amministrativo, il sequestro, l’indagine, la gogna e la vessazione del popolo abbrutito dalle campagne d’odio e dai provvedimenti vigliacchi di tutti i governi. Lui disse “Contate su di me”, e fece davvero ciò che poteva per sostenerci.

Se non fosse già chiaro con l’uscita di un documento potente come l’enciclica “Laudato si’”, fu certamente evidente in quel momento che avevamo di fronte a noi una svolta: forse per la prima volta nella storia il Vaticano superava in visione progressista e coraggio umanitario la politica non solo italiana ma anche europea, e lo faceva senza paura, senza compromessi, senza nascondersi.

La Croce del mare che noi gli regalammo era un’opera d’arte in resina trasparente come l’acqua che inglobava un giubbotto di salvataggio ripescato dalla Alex, l’imbarcazione a vela di Mediterranea, durante una delle sue missioni. Quel giubbotto, appartenuto a una persona migrante probabilmente annegata, lui lo pose all’ingresso del Palazzo Apostolico, vuol dire che ogni persona in visita deve passarvi davanti e porsi a contatto con quanto accade, con ciò che questo sistema ha provocato e avallato.

Questo è stato lui, un anticapitalista, un testimone dell’ingiustizia sociale, colui che mandava l’elemosiniere a riattaccare la luce allo Spin Time di Roma, colui che di fronte al populismo forcaiolo dei nostri tempi si inginocchiava di fronte ai carcerati, colui che a precetti e ritualità preferiva scrivere e parlare di umanità.

Autorità morale indiscussa sul tema della Pace, lascia tristemente orfano il popolo del disarmo, dileggiato da tutti i media. Lui monolitico anche in questo, fino all’ultimo dei suoi giorni.

Come lavoravano le testate giornalistiche per screditare la persona e la sua visione del mondo: ogni volta che puntava il dito contro il folle riarmo le prime pagine erano conquistate da uno dei temi, prevalentemente di bioetica, non condivisibili dal popolo che il suo pacifismo andava a intercettare. Eppure, ora più che mai, dopo il suo pontificato, dovrebbe essere evidente che la narrazione in base alla quale il Vaticano orienti la legge italiana è una favola antica: se il Parlamento avesse legiferato in base al pensiero di Francesco, oggi avremmo avuto l’ecologia integrale (“Laudato si’”), l’economia anticapitalista (Economy of Francesco), la tutela dei diritti umani, il salario minimo (“Fratelli tutti”) e il disarmo.

Invece tutto questo non è, e dovrebbe essere chiaro che se non esiste una legge sul fine vita la colpa è di un sistema partitico più preoccupato per la propria sopravvivenza elettorale che orientato agli interessi del Paese. L’etica cristiana non è e non può essere un sistema impositivo, Gesù stesso, seppur perseguitato dal Sinedrio, non si pose mai come capo politico. La capacità trasformativa che il cristianesimo può portare è nella conversione dei cuori, ovvero in qualcosa che insiste sul proprio essere e sulle proprie scelte individuali, che possono essere sommate nella stessa direzione, ovvio, ma non imposte.

Amatissimo dai non credenti, era dibattuto tra i fedeli perché aveva capito una cosa fondamentale: se il Vangelo era venuto per la liberazione e l’istituzione per il controllo sociale, le due cose non avrebbero potuto coincidere ancora per molto nemmeno sulla carta. Così andò avanti, forte del primo, tentando di trasformare la seconda, e in questo modo aprire le braccia a quella parte di società che bussava alle sue porte chiedendo di essere vista, rivendicando un ruolo differente e un’interpretazione delle cose e della realtà che non mortificasse la propria identità e le proprie capacità intellettive. Avanti le donne, avanti le identità non binarie, avanti temi di fraternità universale nel puro spirito francescano.

Avrebbe potuto fare di più? No. Non bastano dodici anni per muoverne duemila, ma sono sufficienti per aprire porte e lasciare orme sulle quali camminare, perché chi ha visto sé e la propria vita nel Vangelo, così come lui l’ha mostrato, non voglia più tornare indietro.