Lo spaventoso terremoto che ha colpito la Birmania il 28 marzo scorso, seminando morte e distruzione, è stata una catastrofe che in buona parte si sarebbe potuta limitare, se il paese non fosse stato per cinquanta anni sotto una feroce dittatura, interrotta da una breve finestra di semi-democrazia per ripiombare, da quattro anni, sotto una nuova giunta militare violentissima, contrastata da tutto il popolo.

La faglia di Sagaing, nota in tutto il mondo, che rompendosi ha causato questo enorme disastro, non si era potuta mappare con cura, poiché il paese ha pochissimi strumenti scientifici operativi, tanto che le stime iniziali dello slittamento della faglia sono state calcolate utilizzando solo letture di sismografi lontani. Il paese quindi non ha un sistema avanzato di allarme e di pianificazione dei sismi.

A questo si deve aggiungere il fatto che, dalla metà degli anni ‘90 dello scorso secolo, la precedente dittatura, assetata di valuta pregiata, ha incentivato gli investimenti, soprattutto cinesi, per l’ampliamento delle città e perfino la costruzione della nuova capitale, con un boom di edifici costruiti in cemento armato senza le adeguate misure antisismiche. Palazzinari birmani, cinesi e vietnamiti hanno fatto man bassa del territorio, creando le migliori condizioni per l’amplificazione della tragedia di questi giorni, ma garantendo l’arricchimento dei potenti ministri della giunta e dei loro partner.

Inoltre l’area di Mandalay e della nuova capitale Naypidaw (costruita ex novo nella giungla birmana per timore di una invasione straniera dal mare) sono particolarmente vulnerabili alle scosse sismiche, poiché si trovano lungo la pianura alluvionale del fiume Ayerwaddy.

Oltre al danno incalcolabile, si è verificata anche la beffa degli aiuti internazionali fatti arrivare con il contagocce e in modo selettivo, per paura di mostrare al mondo la spaventosa realtà dei danni e, per dirottare gli aiuti nelle aree di maggiore interesse per la giunta militare.

Nelle settantadue ore successive al terremoto di magnitudo 7,7, i soccorritori e gli operatori umanitari che cercavano di raggiungere alcune delle zone più colpite sono stati bloccati dalle autorità militari. Nove veicoli della Croce rossa cinese sono stati vittime di attacchi di mitragliatrice da parte dei militari. I villaggi intorno a Mandalay sono stati bombardati anche nei giorni successivi. Il coprifuoco imposto dalla giunta ha impedito la prosecuzione dei soccorsi di notte, impedendo il salvataggio di molte vittime. I medici impegnati nelle fasi successive al disastro e il relatore speciale delle Nazioni Unite, Tom Andrews, affermano che gli aiuti stanno scomparendo, vengono confiscati o sono bloccati in alcune aree del terremoto.

La nuova capitale fantasma, abitata solo da militari e dipendenti pubblici, e le zone di interesse della giunta sono state le priorità di soccorso. Grande risalto è stato dato all’arrivo degli aiuti da Cina, Russia e Bielorussia, paesi visitati in gran pompa appena una settimana prima del sisma dal capo della giunta militare Min Aung Hlaing, tornato con in tasca importanti accordi militari e a sostegno delle elezioni farsa che ha pianificato per dicembre e gennaio prossimi. Ma per far piacere ai cinesi la giunta ha rifiutato l’offerta di assistenza delle squadre di ricerca e soccorso taiwanesi, con la motivazione che non ve ne era bisogno…

L’obiettivo del capo della giunta è di rafforzare, attraverso l’impegno post sisma, una legittimazione internazionale, avendo già in tasca l’appoggio dei grandi paesi autocratici, nonostante questa giunta abbia raggiunto primati negativi che dovrebbero preoccupare profondamente almeno i paesi dell’Asean ed oltre.

Il paese, infatti, è ormai il primo produttore di oppio al mondo. È al secondo posto tra i tre paesi (Corea del Nord, Myanmar e Iran) della lista nera della Fatf, la Financial Action Task Force, che guida l’azione globale per contrastare il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e la proliferazione. La Birmania/Myanmar rimarrà tra le tre giurisdizioni ad alto rischio che presentano significative carenze strategiche nei loro regimi per contrastare il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e il finanziamento della proliferazione.

Il nord dello Stato Kachin, dopo il colpo di stato, è diventato la zona più importante al mondo per l’approvvigionamento di minerali di disprosio e terbio, due dei metalli pesanti più preziosi. Infine c’è la proliferazione degli scam-centers che tengono in schiavitù migliaia di giovani informatici, producendo decine di miliardi di utili l’anno grazie appunto alle truffe online.

Dopo quattro anni di resistenza non violenta e di resistenza armata coordinata dagli eserciti etnici e dai People Defence Forces, i giovani partigiani birmani, senza l’aiuto alcuno dei grandi paesi democratici, la giunta militare controlla circa il 21% del paese.

Mentre la forza militare della giunta si sfalda e non può controllare il terreno, viste le centinaia di diserzioni e i molti “watermelons”, militari esteriormente leali all’esercito, ma segretamente al lavoro per i ribelli pro-democrazia il cui colore simbolico è il rosso, l’unico modo per terrorizzare le popolazioni e cercare di farle capitolare sono i bombardamenti.

Anche dopo il devastante terremoto, la giunta ha effettuato 63 attacchi aerei e di artiglieria, causando la morte di 68 civili, tra cui un bambino e quindici donne (13 attacchi alla regione di Sagaing e otto attacchi alla regione di Mandalay, la più colpita dal terremoto).

Tra giugno e dicembre 2024, il Consiglio militare ha lanciato 2.155 attacchi aerei in dodici regioni e Stati. E nonostante tutto ciò, ancora oggi la diplomazia internazionale e l’Unione europea continuano a sperare nella riesumazione dell’accordo in cinque punti firmato tra i paesi Asean e la giunta militare il 21 aprile 2021, subito dopo il golpe. Un accordo nato morto perché la giunta non intende cedere il potere a un governo civile, rappresentato dal Governo di unità nazionale che sta lavorando alla costituzione di uno Stato democratico e federale.

La cautela dei diplomatici e dell’Onu sfiora l’incredibile. Dichiarando il timore di una possibile balcanizzazione del paese nel caso in cui la giunta implodesse, si limitano a continue dichiarazioni del Consiglio di Sicurezza, del Comitato per i diritti umani, del Parlamento europeo… Aria fritta. Tanto è vero che anche ora, dopo il sisma, Tom Fletcher, sottosegretario generale per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza l’Unocha, ha incontrato il “ministro degli esteri” della giunta Than Swe, promettendo un finanziamento di 93 milioni di dollari e altri 5 milioni di dollari per sostenere le persone colpite dal terremoto in Myanmar da un altro fondo. Il tutto senza incontrare i rappresentanti del Governo di unità nazionale e i rappresentanti degli etnici, che controllano buona parte delle aree del terremoto.

Ovviamente le istituzioni internazionali devono poter godere dell’agibilità da parte della giunta, ma devono anche evitare un trattamento esclusivo e preferenziale con i dittatori. Questa sarebbe stata la volta buona per affermare che l’Onu riconosce il volere del popolo di quel paese che rifiuta di essere governato da una banda di malfattori. Quei fondi sono stati donati dai governi per il popolo del Myanmar.

L’associazione “Italia-Birmania.Insieme” ha lanciato da subito l’allarme sulla possibile e reale distrazione dei fondi a fini impropri da parte dei militari, visto quanto è successo per il ciclone Mocha nel 2023 e il tifone Yagi del 2024 che hanno causato centinaia di vittime. In quelle occasioni l’esercito ha ostacolato gli sforzi di soccorso nelle aree controllate dalla resistenza, rifiutandosi di rilasciare i rifornimenti dalla dogana, di autorizzare i viaggi degli operatori umanitari o di allentare le restrizioni all’assistenza salvavita.

Questo timore non frena però le istituzioni internazionali che affermano di non poter evitare tutto ciò e che sperano che comunque gli aiuti anche parziali possano arrivare. “Italia-Birmania.Insieme” sta invece lavorando direttamente con la confederazione sindacale birmana Ctum, e con l’organizzazione degli imprenditori democratici Myanmar Employers Organisation.

Grazie alla rete di attiviste e attivisti sindacali, costruita in quattro anni di intenso lavoro su tutto il territorio del paese, collegata grazie a una rete di smartphone e di apparecchi di messaggistica, con l’obiettivo di sconfiggere la giunta, boicottare le elezioni farsa e la coscrizione forzata nell’esercito di tredici milioni di giovani, oggi quella rete è stata “riciclata” e trasformata in solidi team di soccorso nelle aree del terremoto, in particolare in quelle che non sono sotto il controllo della giunta.

Giovani lavoratori, tecnici, esperti sono attivi sin dal primo giorno. I fondi raccolti vengono fatti arrivare nel paese per l’acquisto diretto di materiale di primo soccorso: medicinali, cibo, tende, purificatori d’acqua, scavatori, torce, lampade solari, eccetera. La flessibilità e l’abitudine al lavoro clandestino sta facendo la differenza. Si tratta ora di non lasciarli soli, soprattutto nella fase successiva della ricostruzione non solo delle abitazioni, ma di quella economica e sociale.er un sostegno: conto corrente Italia-Birmania.insieme

C/C n. 1000/00076665 – Iban: IT69N0306909606100000076665

Per richiedere la ricevuta ai fini delle detrazioni fiscali sul 730 scrivere a: direzione@italiabirmania.org