
Mentre il governo indiano esulta per i risultati ottenuti nel contrastare il movimento naxalita (la guerriglia di ispirazione maoista sorta nel 1967, recentemente decimata da uccisioni e defezioni, vedi https://www.sinistrasindacale.it/2025/02/03/india-senza-pace-lo-scontro-sanguinoso-tra-guerriglia-naxalita-e-forze-governative-di-gianni-sartori/, non va certo migliorando – anzi – la condizione di dalit e adivasi. Oppressi, sfruttati, discriminati, umiliati e offesi. Come conferma un recente “incidente” sul lavoro di otto membri delle caste inferiori.
La tragica morte di questi lavoratori (di età compresa tra i 22 e i 55 anni) è avvenuta il 3 aprile scorso nel villaggio di Kondavat, nel distretto di Khandwa (Madhya Pradesh). Cinque di loro erano scesi – per ripulirlo – in un profondo pozzo dove, a scopo rituale, era prevista l’immersione dei fedeli per ammirare le immagini delle divinità indù Isar e Gauri. Morti asfissiati a causa delle esalazioni velenose emanate dall’acqua (dato che il pozzo era rimasto a lungo inattivo).
I primi cinque (Mohan, Anil Patel, Sharan Sukhram, Arjun, Gajanand) erano scesi per compiere il lavoro di ripulitura rimanendo intossicati e non più in grado di risalire. Altre tre lavoranti (Baliram, Rakesh e Ajay) erano allora generosamente scesi nel pozzo, restando a loro volta intrappolati.
Stando alle prime dichiarazioni dell’amministrazione locale, ai familiari delle vittime dovrebbe venir corrisposto un risarcimento di 400mila rupie (l’equivalente di circa 4.200 euro). Non molto per una vita umana (anche se si tratta di membri delle caste inferiori), ma comunque molto di più di quanto avviene in genere. Mentre alcune organizzazioni sindacali hanno denunciato la scarsa mancanza di rispetto per gli standard minimi di sicurezza. Ulteriormente ignorati nel caso di lavoratori dalit.
Intanto il movimento naxalita, sopravvissuto per oltre mezzo secolo, appare in grave difficoltà. Tra gli episodi recenti, la resa di una cinquantina di maoisti alle forze di sicurezza (il 30 marzo) nel distretto di Bijapur. Confermando l’efficacia della nuova strategia basata sull’istituzione di taglie cospicue e di premi per chi abbandona le armi e diserta.
Va anche ricordato che negli ultimi tre mesi almeno 134 guerriglieri (veri o presunti, a volte vengono classificati come “combattenti” inermi contadini poveri o adivasi uccisi dalle forze paramilitari governative) sono stati abbattuti nel Chhattisgarh. E naturalmente eventi di tale portata sono fonte di scoraggiamento per gli insorti. Anche il 29 marzo 18 maoisti (tra cui undici donne e il comandante Jagdish) erano stati uccisi nei distretti di Sukma e di Bijapur (Chhattisgarh) dalla Guardia di riserva del distretto (Drg) e dalla Forza di polizia centrale di riserva (Crpf).
Su Jagdish pendeva una taglia di 2,5 milioni di rupie in quanto responsabile dell’attacco nella valle di Jhiram del 2013. Dove erano morti venticinque appartenenti alle forze di sicurezza e alcuni esponenti politici del Congresso (Nand Kumar Patel).
Un altro importante comandante maoista, Sudhir (alias Sudhakar, Murli, Ankesarapu…) veniva ucciso nel Chhattisgarh alla fine di marzo. E qualche giorno prima una trentina di maoisti erano stati eliminati nelle foreste del Bijapur dalle Forze di sicurezza delle frontiere (Bsf) e dalla Drg. Fermo restando – come già detto – che non tutti i morti ammazzati in quanto “maoisti” lo erano veramente. Dato che la guerra è anche contro i tribali in quanto tali (soggetti non del tutto omologati, refrattari, non addomesticati…).
Per esempio, sempre nel marzo scorso, le Forze di sicurezza dello Stato del Madhya Pradesh annunciavano l’uccisione di un “naxalita” nel distretto di Mandlaet. Ma si trattava di un innocente, indifeso appartenente alla comunità tribale Baiga, Hiran Singh Partha, padre di cinque figli.
Notevole poi l’incremento delle defezioni, un fattore che rischia di dissanguare il movimento naxalita. Stando alle cifre ufficiali, nel 2024 almeno 792 maoisti si sono arresi soltanto nella regione del Bastar. Grazie alle ricompense per i disertori (50mila rupie, una casa, un pezzo di terra e la cancellazione dei reati di cui sono accusati), e alle ulteriori ricompense per le armi consegnate.
(6 aprile 2025)