L’8 e 9 giugno si voterà sui cinque referendum sul lavoro e la cittadinanza, referendum con una posta in gioco altissima, con due facce. La prima ha un carattere materiale, riguarda in carne ed ossa 14 milioni di persone che, con la vittoria dei Sì, potranno stare meglio del giorno prima, per così dire. La seconda riguarda la sfiducia nel futuro che, lo constatiamo tutti i giorni, è cresciuta molto negli ultimi anni. Una vittoria nei 5 referendum potrebbe certamente rallentarne l’ulteriore crescita, e magari invertirne la direzione.

Chi potrebbe star meglio all’indomani del risultato positivo? Anzitutto ci sono 4 milioni di lavoratori e lavoratrici che il Jobs Act di Renzi dal 7 marzo 2015 ha reso di serie B sul diritto alla reintegra in caso di licenziamento illegittimo. Chi è stato assunto dopo quella data, infatti, se licenziato illegittimamente prende quattro soldi e va via. Perde il lavoro, perché ai padroni bisogna lasciare mano libera sulla “loro” manodopera. I colleghi assunti prima conservano la reintegra se vogliono, perché non si torna all’automatismo dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori del 1970.

Quest’ultimo è stato “riformato” dal governo di Mario Monti del 2012 con la possibilità di scegliere tra indennizzo in soldi o reintegra. La vittoria dei Sì, dunque, renderebbe di nuovo eguali e con gli stessi diritti al livello più alto, tutte le lavoratrici e i lavoratori della stessa azienda sopra i 15 dipendenti.

Poi ci sono 4,5 milioni di lavoratori e lavoratrici occupati in aziende fino a 15 dipendenti. Per licenziamenti illegittimi possono avere solo sei mensilità di indennizzo. La vittoria del referendum abroga il limite dei sei mesi, e rende possibile contrattare l’indennizzo a seconda della arbitraria gravità del licenziamento.

Tre milioni di lavoratori e lavoratrici hanno invece un contratto a termine che per il primo anno è senza causali. Decide il datore di lavoro come verrai assuntə e per quanto tempo. Se vorrà trattenerti a tempo determinato ancora per un anno, allora dovrà motivare con le causali previste dalla legge (sostituzioni, ecc.). Con il referendum si vuole tornare ad ottenere le causali per il tempo determinato fin dal primo giorno.

Altri 2,5 milioni sono gli stranieri regolari, lavoratori e lavoratrici o senza lavoro, residenti in Italia. Molti vi risiedono da almeno dieci anni e sono ancora senza cittadinanza, perché prima dei dieci anni di ininterrotta residenza non possono chiederla, anche se nati in Italia. I loro diritti civili e politici – circolare liberamente in Europa, poter tornare nel loro paese a trovare i familiari, votare – sono stati mortificati, inesistenti. Anche se lavoratori e lavoratrici stranieri pagano le tasse e i contributi Inps come tutti noi. Con questo referendum si dimezzano i tempi per poter chiedere la cittadinanza italiana, da 10 a 5 anni, com’era prima del 1991. Anche per questo referendum un Sì senza se e senza ma, per un Paese un tantino più civile.

Il quinto referendum è su appalti e subappalti. La dignità del lavoro qui mette in ballo la vita di lavoratori e lavoratrici, riguarda tuttə noi. Da decenni la media giornaliera dei morti sul lavoro è di tre lavoratrici o lavoratori. L’anno scorso l’Italia ha avuto 1.090 morti sul posto di lavoro (+4,7% sul 2023). Con i morti nel tragitto casa lavoro e viceversa (“in itinere”) si arriva a 1.481. Ogni dieci morti sul lavoro, otto sono occupati in aziende in appalto e subappalto. Questo è l’oggetto del referendum: la legislazione attuale esclude la responsabilità del committente in caso di incidenti mortali e infortuni, e la catena dei subappalti può allungarsi a dismisura. Con un Sì, si coinvolge nella responsabilità il primo datore di lavoro. Un esito importantissimo: con la responsabilità in capo al committente, la pratica dell’appalto al massimo ribasso subirebbe un duro colpo.

Il nodo, di questi tempi, è il quorum. Alle elezioni europee la partecipazione è scesa sotto il 50%. Ma nei referendum abrogativi occorre ottenere il 50% +1 degli aventi diritto: circa 25,5 milioni di voti (50,9 milioni circa di aventi diritto, di cui 4,7 milioni all’estero). Se pensiamo che Meloni, Salvini e Tajani governano con 12,3 milioni di voti e hanno il 60% dei seggi alla Camera e il 56% al Senato, viene un po’ di rabbia! Occorrerà dunque un impegno straordinario. Avremo tanti nemici ma anche molti amici.

Già qualcuno nel governo pensa a come ostacolarci in ogni modo, magari invitando tutti ad andare al mare e non accorpando il referendum al primo turno delle amministrative.

Noi chiediamo con forza un decreto che consenta il voto on line agli studenti fuori sede e agli italiani all’estero. E’ già stato fatto sperimentalmente nel 2023.Infine, dovremo fare comitati ovunque nei luoghi di lavoro pubblici e privati, nelle città, nei paesi, nelle scuole, nel territorio. Con l’impegno di ciascunə possiamo ripetere l’esperienza straordinaria e sorprendente del referendum sull’acqua pubblica.