Nella polemica tra Meloni, la Cisl e la Cgil si colloca anche la legge sulla partecipazione promossa dalla Cisl e appoggiata dalle forze di centro-destra (vedi anche https://www.sinistrasindacale.it/2025/03/02/tanto-rumore-per-nulla-la-proposta-cisl-destra-sulla-partecipazione-di-salvo-leonardi/).

Luigi Sbarra della Cisl ha attaccato la Cgil che si oppone a questa legge, definendo il suo atteggiamento grottesco e pretestuoso, figlio di una visione ideologica e antagonista. Invece la Cgil sostiene che questa legge è su misura per Confindustria, senza garantire un reale diritto dei lavoratori alla partecipazione alle decisioni dell’impresa. Per la Cgil la democrazia deve essere costruita dal basso attraverso i lavoratori che scelgono i propri rappresentanti, senza meccanismi imposti da sindacati o imprese.

La proposta della Cisl e il disegno di legge in discussione in Parlamento meritano di essere affrontati seriamente. Rappresentano un tentativo, fuori tempo massimo, di agganciare il treno della cogestione. Con questo termine ci riferiamo al cosiddetto Mitbestimmung della Germania che è un pilastro centrale dell’ordinamento del lavoro tedesco, con una storia secolare.

La Mitbestimmungsgesetz del 1976 estese la cogestione degli ordinamenti precedenti a tutte le grandi imprese con più di 2.000 dipendenti. Questa legge garantiva ai rappresentanti dei lavoratori la metà dei seggi nei consigli di sorveglianza ma con la clausola che il presidente del consiglio, solitamente un rappresentante degli azionisti, avesse il voto decisivo in caso di parità. Questo elemento differenziava la legge del 1976 dal modello paritetico della precedente Montanmitbestimmung, garantendo un vantaggio al capitale nelle decisioni strategiche.

Parallelamente, la Betriebsverfassungsgesetz del 1952, riformata nel 1972 e poi nel 2001, regolava la costituzione e il funzionamento dei consigli di fabbrica. Secondo questa normativa, ogni impresa con almeno cinque dipendenti ha il diritto di istituire un consiglio di fabbrica, i cui membri sono eletti dai lavoratori. Il Betriebsrat ha diritti di consultazione, informazione e, in alcuni casi, di codecisione su questioni relative alle condizioni di lavoro, alla sicurezza sul lavoro, agli orari e alle modalità di licenziamento.

Molto importante è anche il Drittelbeteiligungsgesetz del 2004 che regola la rappresentanza dei lavoratori nei consigli di sorveglianza delle imprese tra 500 e 2.000 dipendenti. In questo caso, la presenza dei rappresentanti dei lavoratori è limitata a un terzo dei seggi.

Molte caratteristiche della cogestione tedesca si ritrovano nella proposta con cui la Cisl intende dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione. La proposta prevede l’inserimento di rappresentanti dei lavoratori all’interno dei consigli di amministrazione e dei consigli di sorveglianza delle imprese. In particolare, si stabilisce che nelle aziende rette dal sistema dualistico di governance, regolato dagli articoli 2409-octies e seguenti del Codice civile, una quota non inferiore a un quinto dei membri del consiglio di sorveglianza debba essere composta da rappresentanti dei lavoratori, individuati con procedure definite nei contratti collettivi. Per le società che adottano il sistema monistico la partecipazione è prevista sia nel consiglio di amministrazione che nel comitato per il controllo sulla gestione, previsto dall’articolo 2409-octiesdecies del Codice civile, con criteri di nomina che garantiscano la professionalità e l’indipendenza degli amministratori designati.

La proposta prevede inoltre un obbligo specifico per le società a partecipazione pubblica, regolamentate dal Dlgs 175/2016, che dovranno necessariamente integrare nei loro organi decisionali almeno un rappresentante dei lavoratori, in modo da garantire che le decisioni aziendali tengano conto anche degli interessi della collettività.

La partecipazione economico-finanziaria si articola in diverse misure finalizzate a garantire ai lavoratori un accesso più equo alla ricchezza prodotta dall’impresa. Si introduce la possibilità per le aziende di distribuire una quota di utili ai lavoratori non inferiore al 10% del totale, prevedendo su queste somme un’imposta sostitutiva agevolata del 5% fino a un massimo di 10mila euro annui. La proposta richiama la disciplina della previdenza complementare, consentendo ai lavoratori di destinare le somme derivanti dalla distribuzione degli utili ai fondi pensionistici, senza che concorrano alla formazione del reddito imponibile.

Oltre alla redistribuzione degli utili, la proposta introduce lo strumento dei piani di partecipazione finanziaria, attraverso cui i lavoratori possono accedere alla proprietà dell’impresa acquistando azioni o quote societarie, secondo le disposizioni degli articoli 2349, 2357, 2358 e 2441 del Codice civile. L’adesione a questi piani è volontaria e non può costituire motivo di discriminazione, con la possibilità per le imprese di destinare una parte della retribuzione aggiuntiva dei lavoratori al finanziamento di tali piani, nel limite del 15% della retribuzione globale. La proposta prevede incentivi fiscali per agevolare questi meccanismi.

Un elemento innovativo è l’introduzione di un accordo di affidamento fiduciario per la gestione collettiva dei diritti derivanti dalla partecipazione finanziaria, ispirato al modello anglosassone del voting trust. Si prevede inoltre l’istituzione di un registro dei voting trust presso la Consob, con obblighi di trasparenza per le società coinvolte.

Sul piano della partecipazione organizzativa, la proposta della Cisl indica la possibilità per le imprese di costituire commissioni paritetiche composte da rappresentanti aziendali e dei lavoratori per elaborare piani di miglioramento dell’efficienza produttiva, dei servizi e dell’organizzazione del lavoro. Le aziende che adottano questi piani possono beneficiare di agevolazioni fiscali e contributive, analogamente a quanto previsto dalla normativa sulla detassazione dei premi di risultato.

La proposta disciplina anche la partecipazione consultiva, prevedendo che le imprese con più di 50 dipendenti siano obbligate a consultare preventivamente le rappresentanze sindacali aziendali su decisioni strategiche, piani industriali, riorganizzazioni aziendali e transizioni digitali ed ecologiche. La consultazione è resa obbligatoria anche per le pubbliche amministrazioni e per istituti di credito, banche e imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali. La proposta prevede inoltre una procedura strutturata di consultazione che impone alle aziende di fornire risposte motivate ai rappresentanti dei lavoratori e, in caso di mancato accordo, di sottoporre il verbale della consultazione a un organismo di garanzia.

Per sostenere la riforma, la Cisl vuole introdurre incentivi economici per le aziende che adottano meccanismi partecipativi, prevedendo la deducibilità fiscale delle spese sostenute per l’attuazione di piani di partecipazione finanziaria e di premi per l’innovazione. Inoltre, le imprese che istituiscono commissioni paritetiche per la partecipazione organizzativa possono beneficiare di un esonero contributivo totale per un periodo massimo di ventiquattro mesi.

La proposta prevede infine l’istituzione presso il Cnel di una Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori, con il compito di monitorare l’attuazione delle norme e risolvere eventuali controversie interpretative. Viene istituito anche il Garante nazionale della sostenibilità, un organo di controllo presso il ministero del Lavoro, incaricato di certificare la condotta responsabile delle imprese in materia di partecipazione e sostenibilità sociale.

Con questa proposta la Csil punta a superare il modello tradizionale di relazioni industriali, basato sulla contrapposizione tra capitale e lavoro.

Il testo qui brevemente descritto è andato incontro ad un pesante stravolgimento da parte del governo. Il disegno di legge, infatti, è stato notevolmente depotenziato rispetto alla sua formulazione iniziale, con modifiche sostanziali che ne hanno limitato la portata. Tra le principali modifiche introdotte dai relatori, Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia e Laura Cavandoli della Lega, vi è l’eliminazione della quota minima di lavoratori nei consigli di sorveglianza delle imprese: nella nuova versione si parla genericamente di “uno o più rappresentanti dei lavoratori”. I meccanismi premiali e le commissioni di consultazione con i rappresentanti dei lavoratori, inizialmente previsti come obbligatori, sono diventati facoltativi.

Infine, è stata negata ai dipendenti la possibilità di influire sulle politiche gestionali degli istituti bancari, ed è stata eliminata la figura del garante della sostenibilità sociale delle imprese. Questo spiega l’opposizione della Cgil alla proposta.

La proposta della Cisl viene definita come pericolosa e inutile, perché il testo approvato dalle forze di maggioranza rischia di indebolire la rappresentanza sindacale e di offrire meno garanzie rispetto a quanto già previsto dai contratti collettivi.

Per Vincenzo Bavaro, docente di diritto del lavoro all’Università di Bari, intervenuto su Collettiva, il testo disconosce la funzione della rappresentanza sindacale come controparte, e le misure proposte sono molto meno incisive di quelle già presenti nei contratti collettivi. In nessuna delle forme di partecipazione previste dalla proposta della Cisl viene garantito un ruolo primario alla rappresentanza sindacale e le misure proposte sono spesso lasciate alla volontà delle aziende, senza obblighi concreti. Secondo Bavaro, la proposta della Cisl modificata dal governo rischia di minare la contrattazione collettiva e di aprire la porta a una frammentazione della rappresentanza sindacale, favorendo sindacati meno rappresentativi.

Siamo, in altre parole, davanti ad un involucro vuoto, privo di qualsiasi reale abbozzo di una vera cogestione. Il risultato non deve stupirci, perché i primi a non volere questa modalità di regolazione delle relazioni industriali sono i padroni italiani.

(23 febbraio 2025)