
Intervenendo all’Assemblea nazionale della Cisl, Giorgia Meloni descrive il rapporto tra il suo governo e la Cisl come segnato da un clima di ottimismo e collaborazione. Tra le righe attacca la Cgil messa in contrapposizione con il pragmatismo non ideologico della Cisl. Il rapporto con il sindacato guidato da Maurizio Landini è descritto come conflittuale e problematico. Meloni attacca la visione conflittuale del sindacato definita come tossica, un ostacolo al progresso e al dialogo costruttivo.
La critica viene ripresa a piene mani da Luigi Sbarra per sottolineare la diversità della Cisl rispetto alla Cgil. Per il segretario uscente si tratta di due diverse idee di sindacato. Quella della Cgil sarebbe basata sull’antagonismo, la demagogia e il populismo, mentre quella della Cisl incarna il prototipo del sindacato riformista, pragmatico e concreto.
La reazione ironica di Maurizio Landini viene durante l’assemblea della Cgil al Paladozza di Bologna il 12 febbraio. Per Landini il conflitto democratico è uno dei pilastri su cui si fonda la democrazia. I nostri diritti e le nostre libertà sono figli delle lotte dei lavoratori. A rincarare la dose ci pensa l’intervento di Alessandro Barbero, che cita Marc Bloch, uno dei più importanti storici del Novecento, una figura straordinaria che ha insegnato un nuovo modo di fare storia, basato sulla comprensione dei conflitti e delle dinamiche sociali. Barbero ha tracciato un parallelo tra le lotte storiche per i diritti dei lavoratori e le battaglie odierne, evidenziando come, mentre in passato si lottava per conquistare diritti fondamentali, oggi si combatte per difenderli.
Noi vogliamo offrire una prospettiva marxista alla vicenda.
I sindacati sono emersi storicamente come una reazione alla legge della domanda e dell’offerta che regola il mercato del lavoro capitalistico. Senza un’organizzazione collettiva, i lavoratori sono costretti a competere tra loro, accettando salari sempre più bassi e condizioni di lavoro sempre più dure. Marx spiega questo meccanismo in “Salario, prezzo e profitto” e nelle “Istruzioni per i delegati del consiglio centrale provvisorio”, dove afferma come il ruolo principale dei sindacati sia quello di limitare il potere del capitale sulla determinazione dei salari e delle condizioni di lavoro.
Marx però non si limita a vedere i sindacati come strumenti di contrattazione, infatti devono servire come punto di partenza per una trasformazione più ampia. La lotta per migliori condizioni di lavoro e salari più alti è inevitabile e necessaria, tuttavia Marx la considera solo un primo stadio della lotta di classe. I sindacati, se si limitano a negoziare con i capitalisti senza mettere in discussione il sistema capitalistico stesso, finiscono per legittimarlo anziché combatterlo.
Questo ci porta alla differenza marxiana tra la lotta economica e la lotta politica: la prima si concentra sulla redistribuzione della ricchezza all’interno del capitalismo, mentre la seconda mira alla sua abolizione attraverso la rivoluzione proletaria.
Marx avverte che la funzione dei sindacati non può essere solo quella di migliorare le condizioni di lavoro all’interno del sistema esistente, perché il capitalismo tende ciclicamente a erodere i guadagni ottenuti. Ogni conquista salariale può essere vanificata dall’inflazione, dalla crisi economica, o dall’innovazione tecnologica che riduce il fabbisogno di manodopera. La contrattazione collettiva può garantire solo miglioramenti temporanei senza però alterare la logica di base del capitale, cioè massimizzare il profitto riducendo il costo del lavoro. Per questo, Marx insiste sul fatto che i sindacati devono assumere una funzione più ampia, diventando strumenti di organizzazione della classe operaia per la conquista del potere politico.
Uno degli aspetti più innovativi della teoria marxiana del sindacato è il concetto di scuola di guerra di classe. In “Salario, prezzo e profitto”, Marx afferma che il valore principale dei sindacati è quello di insegnare ai proletari a lottare collettivamente contro il capitale. L’esperienza della lotta economica aiuta i lavoratori a comprendere come il loro interesse sia antagonista a quello dei capitalisti, e come le istituzioni borghesi non sono strumenti neutrali perché servono a mantenere il dominio della classe dominante. Attraverso gli scioperi e le rivendicazioni collettive, i lavoratori acquisiscono una consapevolezza della loro forza e della necessità di un’azione politica coordinata.
Nella teoria marxiana del sindacato c’è anche ampio spazio per il concetto di solidarietà internazionale tra i lavoratori. Marx comprese bene la natura globale del capitalismo, e come la borghesia utilizzi la divisione nazionale e settoriale della classe operaia per indebolirne la forza. Per questo motivo Marx insiste sulla necessità di un coordinamento internazionale dei sindacati, anticipando le future organizzazioni del movimento operaio come la Seconda e la Terza Internazionale.
Questa visione distingue Marx da molti altri teorici del socialismo del suo tempo.