Donald Trump è entrato in carica il 20 gennaio scorso, emettendo un turbinio di ordini esecutivi e licenziamenti. Ha immediatamente concesso il perdono a tutti gli imprigionati perché assalitori del Campidoglio nel tentativo di rovesciare il risultato democratico delle elezioni del 2020. Alcuni di questi facinorosi e altri di simili convinzioni possono essere mobilitati per sostenere con la violenza l’agenda Trump, e attaccare chi si oppone al despota dai capelli arancione.

Trump ha emesso un ordine esecutivo per revocare la cittadinanza per nascita, lo “ius soli”, il diritto costituzionale dei bambini nati negli Stati Uniti ad essere cittadini. Un diritto inscritto nel 14° emendamento della Costituzione per bandire la schiavitù. Due giudici federali hanno prontamente bloccato l’ordine esecutivo.

Il vertiginoso passo degli attacchi di Trump ha sorpreso e scioccato alcuni, nonostante chiunque avesse prestato attenzione alle proposte del Progetto 2025 aveva visto questi attacchi in arrivo. Qualcuno a sinistra avrebbe auspicato che i propri leader, quando erano in carica, avessero agito con questa pienezza di forza a sostegno dell’agenda della classe lavoratrice: avrebbero messo alla gogna e al tappeto la classe dirigente miliardaria.

Diversamente dal 2017, alla prima elezione di Trump, quando una marcia delle donne e di molte altre comunità inondò Washington Dc, oggi le mobilitazioni pubbliche contro Trump sono state inizialmente silenziose e minori. Però, mentre le azioni di Trump prendono effetto, lentamente la risposta sta crescendo.

Il fronte più visibile è stato l’energico movimento delle comunità immigrate contro gli aggressivi raid dell’ordine trumpiano ‘Controllo ed esecuzione sull’immigrazione’ (Ice). L’Ice ha messo nel mirino certe città “asilo” che offrono protezioni ai loro residenti immigrati. Chicago è stata uno dei bersagli principali. Ma mesi di formazione, legislazioni progressiste e attività sindacale hanno impedito le deportazioni di massa. Gli immigrati sono stati istruiti a non aprire la porta in mancanza di un ordine del giudice in ambito Ice. Il sindacato degli insegnanti Chicago Teacher’s Union (Tcu) ha formato i propri membri e funzionari a non far entrare agenti Ice nei campus. Agli impiegati sindacalizzati è spesso vietato dal testo contrattuale di consentire azioni Ice nelle loro strutture in assenza di un mandato.

Il 3 febbraio scorso si è svolta una protesta definita “Un giorno senza immigrati”. In alcuni centri di immigrazione, particolarmente a Los Angeles e in zone del Texas, erano visibili proteste e chiusure di attività che dipendono dal lavoro migrante. A Los Angeles i manifestanti hanno bloccato il traffico nella Hollywood Freeway nell’ora di punta. Mentre queste proteste sono destinate a intensificarsi, i settori che dipendono dal lavoro di immigrati senza documenti possono rivoltarsi contro Trump e domandare aiuto. L’agricoltura, il settore alimentare e le costruzioni dipendono fortemente dal lavoro dell’immigrazione irregolare.

I nuovi dazi imposti da Trump a tre dei più importanti partner commerciali – 25% al Messico, 25% al Canada e 10% alla Cina (oltre ai dazi già esistenti imposti da Biden verso Pechino) – hanno messo in fibrillazione le classi imprenditoriali, che ne stanno verificando l’impatto sulle loro vendite interne e sulla capacità di produzione.

Shawn Fain, presidente del sindacato United Autoworkers, che ha fatto campagna contro Trump, ha pubblicamente sostenuto i suoi dazi come mezzo per proteggere i posti di lavoro dei suoi iscritti. Ma questa posizione è in contraddizione con il sostegno dei sindacati Usa al miglioramento dei diritti e delle condizioni economiche dei lavoratori dell’automotive messicani. La maggior parte degli esperti di politiche industriali pensano che i sistemi di produzione dell’auto siano ora così transnazionali e integrati che i dazi possano indebolire la manifattura interna.

Di fronte ad un’elezione nel suo sindacato, la posizione di Fain potrebbe essere legata al mantenimento del sostegno da parte degli iscritti, ben sapendo che i dazi potrebbero non avere attuazione. Infatti, il giorno prima della loro entrata in vigore, i dazi sono stati sospesi in attesa di maggiori sforzi sull’immigrazione da parte di Canada e Messico. Come molti pronunciamenti di Trump, queste mosse sembrano largamente propagandistiche.

Mentre dalla Casa Bianca vengono fuori quotidiane indecenze, il Partito democratico è rimasto in confusione. E’ forte il disaccordo interno su come il partito può unirsi e opporsi a Trump. Le questioni riguardano: fino a che punto gli eletti democratici devono collaborare con Trump? Fino a che punto impegnarsi in un’opposizione totale? Cosa deve fare il Partito democratico per recuperare la sua base nella classe lavoratrice?

Dopo circa un mese in carica, la resistenza pratica sta prendendo forma. Robert Ross, professore di sociologia in pensione e rispettato pensatore politico, ha avanzato alcuni punti programmatici di resistenza, molti dei quali sono già patrimonio della sinistra. Ross sostiene che per bloccare Trump sia necessaria una forte strategia legale, e che le elezioni di medio termine del 2026 siano un’opportunità per riprendere la Camera come baluardo contro la devastante agenda trumpiana. Inoltre, in alcuni collegi solidamente repubblicani bisognerebbe prendere in considerazione la corsa di candidati indipendenti con esplicite politiche di classe, simili a quelle di Bernie Sanders. In mancanza di forza a livello federale, diventa una necessità urgente costruire resistenza nelle comunità locali.

Già la California ha autorizzato la spesa di milioni di dollari per la difesa degli immigrati ed azioni legali contro l’agenda Trump. Come si organizzerà il mondo del lavoro per rispodere a Trump? Di recente il secondo più grande sindacato, Service Employees International Union (Seiu), con 2,1 milioni di iscritti, si è di nuovo affiliato alla confederazione Afl-Cio. Questo è stato visto come motivato dalla necessità di un’unità nazionale nella resistenza all’agenda Trump. Ma se questo è un passaggio positivo, l’Afl-Cio non è ancora andata oltre i soli comunicati di denuncia nei confronti di Trump.

Molti sindacalisti progressisti si stanno riunendo intorno all’appello del presidente Uaw, Shawn Fain, per un’azione comune il Primo Maggio 2028, quando scadrà l’accordo quadro nell’automotive con i Big Three, Gm, Ford, e Stellantis. Però questa è una terribilmente lunga via d’uscita, e alcuni sindacati stanno già cominciando ad entrare in azione a sostegno dei lavoratori immigrati sotto attacco. La già menzionata Chicago Teachers Union è in prima linea nell’organizzazione del Primo Maggio 2028 ma anche nella battaglia contro l’Ice a Chicago. Altri sindacati di settori con una grossa presenza di immigrati si stanno mobilitando.

Trump ha già revocato Jennifer Abruzzi, la molto progressista Consigliera Generale dell’Ufficio del National Labor Relations (Nlrb). E’ stata responsabile di promuovere alcune delle più importanti regole e decisioni a favore del lavoro dagli anni ‘30. Trump ha anche illegittimamente licenziato un altro funzionario nominato dai Democratici, Gwynne Wilcox, lasciando l’Ufficio con soli due componenti. Questo ha effettivamente impedito all’Ufficio di prendere qualsiasi decisione a favore dei diritti dei lavoratori.

La sindacalizzazione di Amazon, Starbucks e molti altri posti di lavoro è stata fortemente alimentata dalle regole positive da parte del Nlrb. Potrà il sindacato continuare i suoi recenti avanzamenti con la neutralizzazione del Nlrb? Forse è giunto il momento in cui il movimento operaio deve recuperare una cognizione della forza e della solidarietà anche senza il sostegno della legge. La dirigenza sindacale può imparare molto dalla forza lavoro immigrata, il settore più coraggioso e resiliente del mondo del lavoro statunitense, sulle strategie per continuare la nostra rivitalizzazione in circostanze quantomai avverse.

(San Francisco, 10 febbraio 2025. Traduzione di Leopoldo Tartaglia)