Il telefonino c’è sin dall’inizio del film, protagonista nel bene e nel male della nostra vita. Anche uno strumento di lotta. La prima protesta filmata 20 anni fa in cui compare Nasser, padre di Basel Adra, palestinese abitante a Masafer Yatta, piccola zona rurale nella Cisgiordania occupata. Nasser è da tutti conosciuto perché sotto la sua casa ha costruito una stazione di rifornimento, è l’uomo del carburante. Basel ha l’idea di filmare tutto quello che accade come forma di resistenza non violenta.

La corte suprema israeliana ha deciso che quella zona diventi militare. Si devono espellere coloro che vivono lì. A giudizio dei media la più grande espulsione di abitanti dalla guerra del 1967. Nell’estate del 2019 arrivano molti soldati con enormi ruspe per abbattere le costruzioni, compresa la casa di Basel, lui e tutta la famiglia si trasferiscono nelle grotte, perché il villaggio è famoso per le grotte sotto le costruzioni.

Basel incontra Yuval giornalista israeliano di Be’er’ Sheva, venuto per scrivere articoli. Gli abitanti protestano ricordando che il paese risultava già nelle mappe del 1900, “non siamo stranieri nella nostra terra”. A Yuval uno degli abitanti dice “non dimenticherai mai dove sei nato”. Basel gli spiega che “dobbiamo insistere con i video, con gli articoli per muovere gli Usa a fare pressione sullo Stato di Israele.” I bambini come in tutto il mondo giocano con i telefonini. “Sono sempre stato un attivista”.

I soldati staccano la corrente elettrica, un tribunale (non nostro, commenta uno degli abitanti) ci ha messo 22 anni per decidere che le case vanno distrutte. Arrivano i carri armati. Una bambina li guarda molto colpita, grandi come sono. Ilan è la persona incaricata dal governo di seguire le demolizioni, è lui che consegna i certificati. Tra i primi ad essere distrutti è il parco giochi dei bambini.

Estate 2020, la piccola bambina bionda nella casa di Basel piange, si nasconde dietro la nonna, ha paura dei soldati. Nei loro incontri serali Basel e Yuval commentano le giornate, si chiedono se serve a qualche cosa, se interesserà qualcuno; quante sono le visualizzazioni? L’israeliano lavora con gli altri alla ricostruzione clandestina delle case distrutte, la notte. I palestinesi scherzando dicono a Yuval che è una spia. Dove ha imparato così bene l’arabo? Lui racconta che lo volevano i servizi segreti proprio per questo ma ha rifiutato.

I giorni successivi viene sequestrato un generatore agli abitanti della casa di Basel, un soldato spara ad un vicino di Basel, Huran, che resterà totalmente paralizzato. Il giorno dopo manifestazione di protesta, ma a chi interesserà? Ci vorranno ancora i palestinesi a lavorare con noi, dice Yuval? Deve andare via? Resta a lavorare con loro e a parlare la sera con Basel. Nella protesta uno dei palestinesi grida: vogliamo uno Stato e le carte di identità. Basel si chiede che cosa dobbiamo fare?

Sto raccontando il film, quello che non si deve fare. Un film girato con i telefonini e piccole telecamere digitali. La storia di un’amicizia a cui si uniscono anche gli altri due autori, Hamdan Ballal palestinese e l’israeliana Rachel Szor, insieme curano anche il montaggio.

Il film è così potente perché è un bel film. La violenza è presente nel film, non mediata, diciamo così, e si vedono le persone che vengono uccise “sul serio”. Anche se oramai ci siamo abituati a tutto. Ma quello che riescono a fare gli autori del film è raccontare la loro storia, la storia del loro paese che non esiste, la storia della guerra e dell’odio senza fine con Israele, e sono due palestinesi e due israeliani che raccontano, riescono a “documentare” quello che accade, quello che loro pensano mentre accade, i loro pensieri, la loro situazione, di due amici di due popoli che si combattono e si odiano.

Loro lo fanno senza odio, senza violenza, come afferma ripetutamente Basel, dichiarando apertamente che tanto molto probabilmente tutto questo non servirà a nulla. Facendo vedere delle cose atroci, anche grottesche, i bambini nella scuola elementare che vedono arrivare i blindati e non sanno cosa fare, una bambina porta via le sue palline prima che la scuola sia distrutta.

Le ultime immagini, tremende, sono state girate dai quattro autori il 13 ottobre 2023. Alla fine del film un grande camion porta via le persone, le cose, quanti hanno deciso di andare via?

Il film viene accolto molto bene, vince premi, viene sostenuto da molte istituzioni, prima fra tutte il Sundance Festival. E’ candidato all’Oscar come miglior film documentario. Perché documentario? Non ha un soggetto ed una sceneggiatura? Non ha dei protagonisti, degli “attori”? Non c’è una storia? Drammatica, violenta, terribile? Documentario perché documenta “soltanto”? Un film sulla storia di una parte dell’umanità, una storia che parla all’umanità. Che cosa si vuole da un film?

Alcuni film candidati all’Oscar quest’anno saranno giustamente dimenticati.

Un piccolo atto di coraggio, dimenticarsi della parola “documentario”. Un bel film.