“Esprime soddisfazione il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, per la firma definitiva del Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) del comparto Funzioni centrali 2022-2024, che introduce significative innovazioni per circa 195 mila dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici”, si legge in un comunicato sul sito del ministero. Infatti il 27 gennaio scorso, concluse le procedure di controllo, l’Aran e i sindacati di categoria Fp Cisl, Unsa Confsal, Flp, Fp Confintesa, che superano di poco il necessario 50%+1 di rappresentatività, hanno sottoscritto in via definitiva il testo del contratto.

Zangrillo, con tutta evidenza, poco si cura del livello di soddisfazione di lavoratrici e lavoratori del comparto, che pure gli è sicuramente noto, dato che Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi hanno diffuso, già il 4 gennaio, i risultati del referendum da loro indetto sull’ipotesi d’accordo firmata dalle altre sigle lo scorso 6 novembre. Circa 40mila lavoratrici e lavoratori hanno partecipato al voto online. L’esito della consultazione è stato chiaro e netto: il 98% dei partecipanti ha detto No.

Particolarmente significativi sono i dati di alcune amministrazioni, con una partecipazione che va oltre le rappresentanze dei sindacati promotori, come quelli dell’Agenzia delle Entrate (oltre 6.500), del Ministero della Giustizia (5.400), dell’Inps (5.200), del Ministero della Cultura (3mila), del Ministero dell’Interno (2.400) o dell’Agenzia delle Dogane (2.300), solo per citarne alcune.

Un fatto epocale, che ha richiesto un’organizzazione capillare sui luoghi di lavoro e l’allestimento di una piattaforma online per garantire il voto, in tempi di record, nonostante non altrettanto veloci nel facilitare le operazioni di voto siano state alcune amministrazioni, soprattutto quelle dove si sono verificati grossi problemi tecnici ad opera dei vari provider che gestiscono i sistemi informatici, ulteriore riprova che i processi di esternalizzazione rappresentano un forte problema per l’autonomia della Pubblica amministrazione.

Alla formidabile partecipazione al referendum si aggiunge la campagna di ascolto e consultazione attuata dai promotori tra gli iscritti e nelle assemblee.

Il 98% dei votanti che si è espresso per il No rigetta un accordo che giustamente è stato definito in perdita. Da lavoratrici e lavoratori è arrivato un messaggio chiaro: la questione salariale rimane centrale. Con gli attuali stipendi la maggioranza dei dipendenti pubblici non arriva a fine mese.

Chi ha sottoscritto l’accordo, infatti, ha aderito alla proposta del governo di aumenti medi delle retribuzioni pari al 5,78%, a fronte di un’inflazione nello stesso periodo di oltre il 16%: su un funzionario ex terza area F1 la perdita è di oltre 145 euro al mese, su un’assistente ex seconda area F1 la perdita è di oltre 120 euro al mese. Si tratta del più basso aumento delle retribuzioni reali di sempre!

Ma anche le parti normative dell’intesa – che tanto soddisfa Zangrillo – sono negative per lavoratrici e lavoratori. La “settimana corta”, invece di una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, è un aumento dell’orario di lavoro giornaliero a fronte della riduzione di ferie e permessi, oltre al buono pasto perso nella giornata in cui non si lavora. Un capolavoro…

Non si realizzeranno progressioni verticali e orizzontali, grazie ai tetti di spesa e ai vincoli che ancora rimangono. Si bloccano le carriere e non si finanziano i fondi di risorse decentrati. Si crea un precedente dannoso, reintroducendo il vincolo di orario nello smart working per farsi riconoscere il buono pasto, dando il viatico alle amministrazioni per rivedere in aumento le fasce di contattabilità.

Tutti i Ccnl dei settori pubblici aperti confermano che non c’era alcuna necessità di far precipitare la rottura delle trattative a novembre: per questo il dato espresso dalle funzioni centrali attraverso il referendum è un chiaro segnale che va al di là del comparto.

La Fp Cgil aveva chiesto di continuare la trattativa, proclamando lo sciopero generale del 29 novembre per chiedere l’incremento degli stanziamenti previsti per il contratto 2022-2024, la cancellazione dei tetti al salario accessorio che bloccano i fondi ai valori del 2016, la rivalutazione del valore nominale del buono pasto, la cancellazione della tassa sulla malattia che taglia il salario accessorio per i primi 10 giorni, a parole osteggiata dagli stessi sindacati che poi hanno firmato l’ipotesi di Ccnl senza dire nulla.

Allora la mobilitazione continua. È questo l’impegno di Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi. “Non firmare il contratto 2022-2024 non è una rinuncia, ma il solo modo oggi possibile per tenere alta la voce di quanti chiedono contratti dignitosi. Per questo la partita non si chiude qui, e invitiamo le lavoratrici e i lavoratori del comparto delle Funzioni centrali a continuare la mobilitazione per dare valore al lavoro pubblico e restituire dignità a chi entra nelle amministrazioni pubbliche, per dare un servizio di qualità al Paese”.