Una campagna promossa dall’associazione “Il coraggio della pace-Disarma” per fermare la follia dei conflitti armati e la corsa al riarmo.
“La casa brucia” è il nome della campagna nazionale promossa dall’associazione “Il coraggio della pace-Disarma”, che da diverse settimane sta organizzando in giro per l’Italia una miriade di iniziative, assemblee, discussioni, dibattiti sul tema delle guerre, e che ha finora coinvolto più di trenta città. Oltre alle iniziative sul territorio è stata anche promossa, in collaborazione con Peacelink e con altre realtà del pacifismo, una raccolta di firme che chiede ai nostri governanti di fermare l’invio di armi e l’aumento delle spese militari.
A questo si aggiunge anche una proposta di ordine del giorno che condanni le guerre che può essere presentato e votato non solo nei luoghi istituzionali (consigli regionali, comunali) ma anche nei Consigli d’Istituto delle scuole, nelle Università, nei luoghi di lavoro.
Oggi la guerra è diventata un elemento sovraordinatore da cui discende tutto il resto, ed è proprio da questo che dovrebbe partire ogni analisi. Nei giorni scorsi, dopo il Senato, anche la Camera ha votato a favore per prolungare l’invio di nuove armi all’Ucraina fino a dicembre 2025, nel totale silenzio dei mezzi d’informazione. Voti che non tengono conto della abnormità e delle conseguenze che questa decisione continuerà ad avere non solo sulla possibilità di negoziare uno straccio di pace, ma anche sulle nostre vite quotidiane.
Al di là di ogni considerazione su quanto recita l’articolo 11 della nostra Costituzione, costantemente disatteso, al di là di ogni pensiero etico nel merito, al di là di quanto pur con quella coperta economica sempre corta per tutto che il governo continua a sbandierarci sotto il naso ogni volta che si chiede più sanità, più lavoro, più scuola, più salari decorosi, i soldi per le armi – quelli sì – si trovano sempre. E si comprime tutto il resto, si ignora tutto il resto: sanità sempre più privatizzata, scuola sempre più aziendalizzata, stipendi e pensioni fermi al palo e potere d’acquisto in costante discesa libera, contratti che non vengono rinnovati, lavoro sempre più precario e sicurezza sul lavoro talmente ignorata e disattesa che produce morti quotidianamente.
La guerra ha ormai la priorità su tutto e poco importa alzare lo sguardo sulle condizioni di vita reali del Paese. La stessa informazione, ormai da un bel pezzo, è diventata acritica propaganda di guerra così come la nostra economia è ormai di fatto un’economia di guerra: costi dell’energia alle stelle e, conseguentemente, costo di tutti i beni di consumo aumentati a dismisura. Queste ricadute non le vediamo solo dal costo delle nostre bollette domestiche ma anche dagli scontrini della nostra spesa al supermercato.
Eppure, nemmeno una guerra nel cuore dell’Europa serve a far comprendere quanto la guerra sia già qui, nelle nostre case e nelle nostre vite, e quanto sarebbe necessario fare sentire, ogni giorno, un No forte e chiaro contro le guerre.
Quello che manca in questo momento è una mobilitazione nella società contro le guerre. In Italia c’è sempre stata una grande sensibilità su questo tema, basti pensare alle grandi proteste contro la guerra in Iraq o, ancora prima, alle manifestazioni contro l’installazione dei missili a Comiso. La ricostruzione di una grande mobilitazione contro le guerre deve diventare un obiettivo politico prioritario, deve diventare un messaggio fortissimo che venga sentito soprattutto da chi, all’interno del Parlamento, continua a votare favorevolmente all’aumento della spesa militare, mettendo in stand by tutto il resto.
Qui, almeno per ora, non abbiamo ancora bombe che ci cadono sulla testa e quindi, nella percezione di molti, qui la guerra non c’è. Eppure i segnali, potentissimi, ci sono già da tempo. Partiti che di certo non fanno della solidarietà e della convivenza civile tra i popoli la loro bandiera, stanno aumentando ovunque i loro consensi elettorali, la stessa Unione europea sta perdendo il senso del proprio ruolo e delle ragioni per cui è nata, e sta portando avanti politiche che sono molto più funzionali agli interessi economici e politici degli Stati Uniti d’America, piuttosto che ai Paesi dell’Europa (basti solo pensare a dove compriamo il gas e a quale prezzo dopo l’imposizione delle sanzioni alla Russia).
La stessa informazione, giorno dopo giorno, ha abdicato ad una visione chiara e critica degli accadimenti. Quando i ragionamenti diventano tutti e solo concentrati nel dividere il mondo in buoni e cattivi, bisognerebbe diffidare immediatamente e rimettere in funzione quella capacità di opporsi e di farsi sentire che sembra essersi perduta.
Per firmare la petizione:
https://www.peacelink.it/campagne/index.php?id=111&id_topic=4