Il 2025 si à aperto con i peggiori presagi per la politica austriaca: dopo tre mesi di negoziato tra i partiti Popolare (Övp), Socialdemocratico (Spö) e Neos (neoliberisti), che avrebbero potuto formare l’unica maggioranza senza l’estrema destra (Partito della Libertà dell’Austria, Fpö, primo alle elezioni di settembre scorso), prima i Neos e poi i popolari hanno annunciato l’impossibilità di trovare un accordo di governo con i socialdemocratici.

Come temevano in molti, la strada appare ora spianata per una coalizione tra estrema destra e centro (Fpö e Övp), guidata da Kickl, il vincitore delle elezioni, che propone esplicitamente la “orbanizzazione” dell’Austria. Già nelle prossime ore il cancelliere incaricato Kickl dovrebbe presentare il nuovo governo al presidente della Repubblica. I negoziati con l’Övp non riguardano più il se, ma il come debba essere composto il governo: quanti e quali ministeri saranno offerti all’Övp, sotto il ricatto esplicito che se non accetta le condizioni imposte da Fpö, le inevitabili elezioni daranno a Fpö una vittoria ancora più ampia.

Come siamo arrivati a questo punto, dopo che in tre mesi di negoziati sembrava che la difficile trattativa tra Övp, Spö e Neos fosse ad un passo dall’accordo? Man mano che emergono i dettagli sul fallito negoziato, appare chiaro che a far saltare tutto siano stati i diktat imposti a Neos e Övp dalle organizzazioni degli industriali e dal sistema bancario, in particolare dalla Raiffeisen Bank, una delle più importanti del paese.

Il tema più controverso, in un paese in recessione e con un significativo aumento del debito pubblico e dell’inflazione (intorno al 6%), era su chi dovesse pagare i costi del risanamento e la crisi di crescita. I socialdemocratici avevano rinunciato fin dall’inizio alla patrimoniale, che era stata al centro della loro campagna elettorale, ma non indietreggiavano sul principio di tassare di più le grandi aziende e i profitti del mondo finanziario, sia pure in maniera da concordare.
Troppo, per i grandi attori dell’economia e della finanza. Non a caso il cancelliere uscente e incaricato di tentare di formare questa coalizione, Nehammer, che aveva sempre sostenuto che non avrebbe mai accettato Kickl come cancelliere, all’indomani della rottura del negoziato ha lasciato la guida del partito Popolare, sotto la pressione dei notabili del suo partito.

Sembra avvenuta la temuta saldatura tra mondo delle imprese e della finanza ed estrema destra, e questo rievoca il passato più buio nella storia austriaca. Perfino un’estrema destra che di liberale non ha più niente è preferita a ogni ipotesi, pur debole e vaga, di toccare i grandi interessi economici e finanziari. Non pare estraneo, almeno per l’esplicito intervento a gamba tesa di Raiffeisen Bank, il tema dei rapporti con la Russia e con l’est Europa, dove gli interessi e gli investimenti finanziari della banca popolare austriaca sono almeno in parte congelati dall’inizio della guerra in Ucraina. Kickl e il suo partito, in questo senso, fanno certamente sperare in un ripristino di normali relazioni finanziarie con Mosca, tanto più in un paese che non fa parte della Nato.

Attualmente in Austria già 5 dei 9 Land dello Stato federale sono governati da coalizioni tra popolari della Övp ed estrema destra di Fpö, ma solo in Stiria la coalizione è guidata dalla Fpö come primo partito. Il prossimo governo dunque sarà per la prima volta a guida dell’estrema destra, e i rospi e le umiliazioni pubbliche che i popolari stanno già accettando ne attestano la palese subalternità.

Kickl ha già annunciato il ‘repulisti’ di Orf (radio-televisione pubblica), che dovrà difendersi da un attacco durissimo alla libertà di stampa e di critica, la cancellazione delle politiche di difesa del clima e ambientali (Kickl è un esplicito negazionista del riscaldamento globale) e degli investimenti sul sistema di trasporto pubblico, un attacco al welfare, con un taglio delle aspettative per formazione e studio, per cominciare, e con l’annuncio di tagli della spesa pubblica di oltre 6 miliardi di euro.

Il problema principale per chi si oppone è che questo nuovo governo sembra avere una base sociale piuttosto solida, soprattutto nell’Austria profonda. Saranno capaci le opposizioni e i movimenti di reagire in modo adeguato? Sono già riprese le tradizionali manifestazioni del giovedì a Vienna, dove migliaia di dimostranti si ritrovano ogni settimana per opporsi alla presenza dell’estrema destra al governo, prassi nata ai tempi di Heider e ripetuta ogni volta che Fpö è al governo. Ma, se fino a qualche anno fa queste manifestazioni sembravano interpretare un sentimento diffuso (a Vienna è certamente ancora così), sui social media si percepisce una certa ostilità: in parte ingenua (se hanno vinto le elezioni perché non possono governare?), in parte già pezzo di una strategia di attacco violento alle opposizioni.

C’è da augurarsi che la sfida di elaborare nuove visioni e strategie rispetto al passato coinvolga tutte le opposizioni politiche e sociali, e ne sia compresa la drammaticità.

(Vienna, 29 gennaio 2025)