Serve un significativo incremento degli alloggi pubblici. Intanto, per sentenze della Consulta e dei tribunali, il bene pubblico casa deve essere distribuito in base al bisogno, includendo i cittadini stranieri.
Con una sentenza depositata il 2 gennaio scorso, il Tribunale di Padova ha accolto il ricorso di Sunia, Asgi, Razzismo Stop e alcuni cittadini stranieri, ordinando alla Regione Veneto e al Comune di Venezia di rivedere le regole per l’accesso alle graduatorie di edilizia popolare e l’attribuzione dei punteggi.
La decisione segue la sentenza della Corte Costituzionale 67/2024, che aveva dichiarato incostituzionale il requisito di cinque anni di residenza nella Regione per accedere alle graduatorie. Ora il Tribunale ha ordinato di eliminare tale requisito anche dal Regolamento attuativo regionale.
La vicenda era iniziata nel 2022, quando il Comune di Venezia aveva pubblicato un bando per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica, richiedendo una residenza anagrafica di almeno cinque anni nel Veneto, anche non consecutivi. Asgi, Razzismo Stop, Sunia e un gruppo di cittadini stranieri (provenienti da Camerun, Nigeria e Venezuela) avevano contestato questa previsione, portando il caso al Tribunale di Padova. Quest’ultimo, dubitando della legittimità del requisito, aveva rimesso la questione alla Corte Costituzionale.
Nella sentenza dell’aprile 2024, la Consulta aveva ribadito che l’accesso all’abitazione è un diritto sociale inviolabile, non subordinabile a criteri di residenza pregressa, ritenuti irragionevoli e insensibili alle condizioni di bisogno. Tale principio era già stato sancito in precedenti decisioni (sentenze 44/2020, 145 e 77/2023). La Corte aveva evidenziato che il requisito residenziale aggiunge ostacoli ingiustificati per chi vive in condizioni di fragilità economica, e tradisce la funzione sociale degli alloggi popolari.
La sentenza della Consulta aveva spinto altre Regioni, come Piemonte e Umbria, a eliminare tali requisiti senza attendere ulteriori contenziosi, riaffermando che le politiche sociali devono favorire i più bisognosi, indipendentemente dalla durata della residenza. Questo principio tutela non solo i cittadini stranieri, spesso più mobili, ma anche gli italiani che si trasferiscono tra comuni o regioni per motivi lavorativi, evitando esclusioni dai diritti sociali.
Le associazioni ricorrenti avevano posto l’accento anche sull’eccessivo peso attribuito alla residenza pregressa nei punteggi, sia a livello regionale sia da parte del Comune di Venezia, che aveva ulteriormente valorizzato tale criterio. Il Tribunale di Padova ha ritenuto irragionevoli anche queste norme, sottolineando che l’attribuzione degli alloggi pubblici deve basarsi sul bisogno e non su criteri estranei, come la durata della residenza. Inoltre, tali previsioni violano il principio di parità di trattamento tra italiani e stranieri sancito dal diritto europeo, penalizzando chi ha maggiore difficoltà a soddisfare requisiti di lungo residenza.
Il Tribunale ha infine condannato Regione e Comune di Venezia a risarcire il danno da discriminazione e a modificare immediatamente le normative, applicando i nuovi criteri sia ai futuri bandi sia a quelli già chiusi, laddove gli alloggi non siano ancora stati assegnati.
Sebbene la soluzione al problema abitativo richieda un incremento significativo degli alloggi pubblici, le sentenze della Corte Costituzionale e del Tribunale di Padova sanciscono che i beni pubblici, come la casa, devono essere distribuiti in base al bisogno, contrastando la povertà che coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione, inclusi i cittadini stranieri.
Si supera così l’ideologica esclusione di alcune categorie di persone, riaffermando che la mobilità, interna o internazionale, non deve ostacolare l’esercizio di diritti fondamentali come quello all’abitazione.