Mi è difficile accettare la scomparsa di Giacomo Barbieri, per molti anni responsabile internazionale prima della Fiom e poi della Cgil, dove era tornato dopo circa otto anni di direzione dell’Ufficio dei lavoratori al Centro internazionale di formazione dell’Ilo a Torino.
L’8 gennaio un batterio letale l’ha strappato alla vita in poco più di una settimana a soli 73 anni, compiuti il 4 gennaio quando lottava tra la vita e la morte, dopo che tredici anni fa aveva subito un pesante intervento per l’asportazione di un raro sarcoma allo stomaco. La malattia non gli aveva impedito di continuare a ispirare e dirigere le politiche internazionali della Cgil e a girare il mondo per rappresentarla nei sindacati, nei movimenti, nelle istituzioni internazionali.
Per me Giacomo è stato collega, compagno, amico e maestro fin dal 2003, quando del tutto inesperto sono arrivato dalla CdL di Padova al dipartimento internazionale della Cgil e lui mi ha accolto con grandissima disponibilità, condividendo da subito e sempre il suo vastissimo sapere, non solo sindacale, e le sue larghissime relazioni.
Giacomo ha speso tutta la vita per l’emancipazione dei lavoratori e delle classi subalterne, nella Cgil e per la Cgil, in Italia, in Europa e nel mondo.
Come ricorda l’amico e compagno Fernando Liuzzi, Giacomo aveva iniziato la sua attività sindacale nel giugno del 1981 a Milano, nella mitica Flm, la Federazione dei lavoratori metalmeccanici. Già all’inizio del 1985 viene chiamato alla Fiom nazionale e assume la responsabilità dell’Ufficio internazionale. Con la segreteria di Airoldi, molto attento alle relazioni internazionali, Barbieri sviluppa le relazioni nella Fism, la Federazione internazionale dei sindacati metalmeccanici basata a Ginevra, e alla Fem, la Federazione europea dei metalmeccanici. Nel marzo del 1997, Giacomo passò all’Ufficio internazionale della Cgil.
La notizia della sua prematura scomparsa è stata riportata sui siti di molti sindacati, in Europa e nel mondo, così come oltre ai numerosi messaggi di cordoglio di compagne e compagni dall’Italia, a partire da quello del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, alla moglie Chiara, ai familiari e alla Cgil sono giunti messaggi di vera tristezza e partecipazione al lutto praticamente da ogni dove. Ad esempio, la confederazione sindacale spagnola Ugt ha ricordato il suo contributo alla fondazione, all’interno della Ces, del gruppo dei Paesi “latini”, contrappeso a quello dei Paesi del nord Europa.
Innumerevoli sono i contributi importanti, quando non decisivi, che Giacomo ha dato alle politiche internazionali della Cgil e delle organizzazioni internazionali. Mi piace ricordare il suo contributo alla fondazione della attuale Ituc-Csi, Confederazione internazionale dei sindacati, nata dalla fusione delle precedenti Icftu (che chiamavano Cisl internazionale) e della cristiana Wcl, quando Giacomo fu determinante nell’adesione al processo fondativo della Cgt francese, del Gefont nepalese, di altri importanti sindacati nel mondo, precedentemente non affiliati. O al legame profondo con Lula e la Cut brasiliana e al lavoro della Cgil contro l’apartheid in Sudafrica, a sostegno dell’Anc e del sindacato Cosatu.
Una delle prime iniziative internazionali a cui ho partecipato a Roma è stato proprio un “triangolare” Cgil, Cut, Cosatu, in cui ci si scambiavano analisi e proposte per le lotte sindacali nei rispettivi paesi e nel movimento sindacale internazionale.
Solo per citare alcune altre cose, penso alla partecipazione della Cgil alla Marcia mondiale contro il lavoro minorile, promossa in India nel 1997 da Kailash Satyarthi (premio Nobel per la Pace 2014), che portò alla Convenzione 182/1999 dell’Ilo, e che fu seguita in Italia dalla campagna della Cgil “I bambini a scuola, i grandi a lavorare”. O al suo rapporto con le organizzazioni pacifiste e alle grandi mobilitazioni contro la guerra in Afghanistan e in Iraq (ci ricordiamo tutti del 15 febbraio 2003…), alla partecipazioni ai Forum Sociali mondiali ed europei, e all’enorme lavoro – anche in qui in ampie coalizioni – sul commercio internazionale, da Seattle a Cancun ad Hong Kong, perché le “norme” del Wto non diventassero il nuovo “ordine internazionale” e non fossero ulteriore fonte di sfruttamento e discriminazione per i lavoratori e l’ambiente.
Pace, solidarietà internazionale, liberazione e autodeterminazione dei popoli, un sindacalismo internazionale non eurocentrico e “colonialista” né meramente lobbista, sono sempre stati i suoi orizzonti e il suo modo di agire e lavorare, fino alla campagna per la candidatura di Susanna Camusso a segretaria generale della Ituc-Csi (sconfitta per un pugno di voti, nonostante l’esiguità delle risorse disponibili), non certo in una logica burocratica ma per trasformare davvero il sindacato internazionale.
Ciao Giacomo, non finirò mai di esserti riconoscente, mentre sei per sempre per le vie della giustizia nel mondo!